Trattamenti – Humanitas Humanitas Wed, 06 Apr 2022 09:01:51 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://jotodsjo.click/wp-content/uploads/2021/01/apple-touch-icon-144-precomposed1.png Trattamenti – Humanitas 32 32 Ablazione chirurgica della fibrillazione atriale https://jotodsjo.click/cure/ablazione-della-fibrillazione-atriale/ Tue, 07 Feb 2017 17:28:57 +0000 http://humanitas.local/cure/ablazione-della-fibrillazione-atriale/ Che cos’è la fibrillazione atriale? La fibrillazione atriale è un’aritmia cardiaca caratterizzata da attività atriale rapida e non ritmica, con perdita della contrazione degli atri. La perdita di contrazione comporta la possibilità di aree di stasi all’interno delle camere cardiache con il rischio della formazione di coaguli e la conseguente necessità di terapia anticoagulante cronica. La mancanza di […]

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Che cos’è la fibrillazione atriale?

La fibrillazione atriale è un’aritmia cardiaca caratterizzata da attività atriale rapida e non ritmica, con perdita della contrazione degli atri. La perdita di contrazione comporta la possibilità di aree di stasi all’interno delle camere cardiache con il rischio della formazione di coaguli e la conseguente necessità di terapia anticoagulante cronica. La mancanza di contrazione atriale può ridurre anche l’efficienza totale della pompa cardiaca e conseguentemente ridurre la capacità dei pazienti di tollerare gli sforzi. Per cui, sebbene questo ritmo sia assolutamente compatibile con la vita, la fibrillazione atriale può comportare delle limitazioni importanti nella qualità di vita di pazienti a rischio.

Tra le possibili cause della fibrillazione atriale troviamo difetti delle valvole cardiache o difetti cardiaci congeniti, l’assunzione di farmaci, caffeina, tabacco e consumo di alcol, l’apnea notturna, l’ipertiroidismo o altri squilibri metabolici. Nella maggior parte dei casi la fibrillazione atriale è quindi la conseguenza di una malattia cardiovascolare, ma può verificarsi anche in soggetti che non soffrono di alcuna cardiopatia. In tal caso, si usa parlare di fibrillazione atriale isolata (30% dei casi). Se alla fibrillazione atriale è associata anche un vizio strutturale del cuore si parla di fibrillazione atriale concomitante (50% dei casi). Alcuni individui affetti da fibrillazione atriale non mostrano alcun sintomo o se sono presenti non vengono riconosciuti dal paziente, che si limita ad adeguare il proprio stile di vita. Questi soggetti spesso vivono ignari della loro condizione fino a che questa non viene rilevata dal medico durante un esame obiettivo o durante un elettrocardiogramma. I pazienti che invece presentano sintomi, più frequentemente lamentano palpitazioni, dispnea, debolezza o facile affaticabilità, raramente sincope e dolore toracico.

La diagnosi viene fatta mediante esame obiettivo, elettrocardiogramma o ECG holter delle 24 ore. Dal punto di vista clinico la fibrillazione atriale si suddivide in base al modo di presentazione in parossistica (quando gli episodi si presentano e si risolvono spontaneamente in un tempo inferiore a una settimana), persistente (quando l’episodio aritmico non si interrompe spontaneamente ma solo a seguito di interventi terapeutici esterni) e permanente (quando gli interventi terapeutici si sono dimostrati inefficaci).

Che cos’è l’intervento di ablazione chirurgica della fibrillazione atriale?

Quando sia la terapia farmacologica sia un’eventuale cardioversione elettrica si siano dimostrati inefficaci nel controllo del ritmo o della frequenza, in presenza di importanti sintomi invalidanti, si può approcciare questa aritmia con un’“ablazione”. Con questa tecnica si eseguono delle “lesioni” sul tessuto atriale allo scopo di isolare elettricamente alcune aree che possono essere la sede di origine dell’aritmia, e creare “corridoi” all’interno del quale il segnale elettrico viene incanalato, evitandone il circolare erratico, causa dell’aritmia.

In generale, un’ablazione transcatetere può essere il trattamento di scelta per cercare di risolvere il problema in caso di fibrillazione atriale isolata. Se anche l’ablazione transcatetere risultasse inefficace, un’ablazione chirurgica con la chiusura dell’auricola sinistra può essere effettuata con probabilità di riuscita sicuramente più elevate a scapito di una maggiore invasività. L’auricola sinistra è un’appendice a fondo cieco dell’atrio sinistro e per conformazione anatomica è il punto in cui inizia generalmente la formazione di coaguli durante la fibrillazione atriale. La concomitante obliterazione chirurgica dell’auricola sinistra abbatte notevolmente il rischio di embolie in caso di fallimento delle procedure di ablazione e la conseguente necessità di “cronicizzare” la fibrillazione atriale.

In caso di fibrillazione atriale concomitante con un’altra patologia strutturale con indicazione chirurgica, l’intervento verrà eseguito secondo le modalità e l’approccio richiesto dalla patologia cardiaca strutturale (sternotomia o minitoracotomia con circolazione extracorporea o a cuore battente).

In caso di fibrillazione atriale isolata di tipo parossistico, l’intervento di ablazione può essere eseguito mediante una doppia toracoscopia a cuore battente, con un’invasività minima. In caso di fibrillazione atriale persistente o cronica, l’intervento di ablazione verrà eseguito in minitoracotomia, con l’ausilio della circolazione extracorporea.
La probabilità di ripristino del ritmo normale del cuore (ritmo sinusale) varia dal 70 al 90% a seconda del tipo di fibrillazione atriale e della durata della fibrillazione prima di essersi sottoposti all’intervento.

L’intervento di ablazione chirurgica della fibrillazione atriale è pericoloso o doloroso?

Si tratta di un intervento chirurgico, per cui i rischi sono il sanguinamento, le infezioni, il danno neurologico e il possibile impianto di un pace-maker.

Follow-up

Dopo l’intervento il paziente viene trasferito in terapia intensiva, dove resta in osservazione per 12-24 ore, prima di essere ritrasferito in reparto di degenza. Dopo 4 o 5 giorni dall’intervento il paziente può essere dimesso dall’ospedale ed essere trasferito direttamente presso un centro di riabilitazione cardiologica, dove resterà ricoverato per circa 15 giorni o direttamente a domicilio a seconda dei casi.

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Ablazione del tartaro https://jotodsjo.click/cure/ablazione-del-tartaro-e-sbiancamento/ Fri, 06 May 2016 09:16:10 +0000 http://humanitas.local/cure/ablazione-del-tartaro-e-sbiancamento/ Comunemente definita "Pulizia" dei denti, l'ablazione del tartaro è finalizzata alla rimozione di placca e tartaro che si formano nel cavo orale ricoprendo i denti. Perché fare l'ablazione del tartaro? La mancata igiene orale professionale causa un accumulo di tartaro tale da impedire una corretta igiene orale dei colletti dentari. Questo implica un accumulo di […]

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Comunemente definita "Pulizia" dei denti, l'ablazione del tartaro è finalizzata alla rimozione di placca e tartaro che si formano nel cavo orale ricoprendo i denti.

Perché fare l'ablazione del tartaro?

La mancata igiene orale professionale causa un accumulo di tartaro tale da impedire una corretta igiene orale dei colletti dentari. Questo implica un accumulo di batteri sotto gengiva che causano gengivite e parodontopatia, nonché la formazione di carie nascoste difficili da diagnosticare e curare.

In cosa consiste l'ablazione del tartaro?

L'ablazione viene eseguita con uno strumento (ablatore) che con l'emissione di ultrasuoni fa vibrare una punta metallica che ha lo scopo di rimuovere il tartaro scollandolo dalle pareti dentali, successivamente viene passata una pasta a base di fluoro con uno spazzolino rotante che ha lo scopo di lucidare le eventuali asperità.

Ci sono alternative all'ablazione del tartaro?

L'ablazione del tartaro può essere eseguita, in alternativa all'ablatore ad ultrasuoni, con l'ausilio di strumenti manuali che tolgono comunque il tartaro.

È un trattamento rischioso?

È sconsigliato l'uso di punte ad ultrasuoni nei portatori di pacemaker e defibrillatori impiantati.
È fondamentale avvertire sempre gli operatori di non usare guanti in lattice nel caso in cui si dubiti o si sia certi di allergia a questo materiale.

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Ablazione della via accessoria https://jotodsjo.click/cure/ablazione-della-via-accessoria/ Wed, 25 Nov 2020 10:26:10 +0000 http://humanitas.local/cure/ablazione-della-via-accessoria/ Che cosa sono le tachicardie sopraventricolari? Le tachicardie sopraventricolari sono aritmie caratterizzate da improvviso rialzo della frequenza cardiaca, avvertite dal paziente come sensazione di cardiopalmo. Queste aritmie nascono dagli atri, camere cardiache superiori, e vengono condotte ai ventricoli, così che l’intero apparato cardiaco si contrae a elevata frequenza. La maggior parte delle tachicardie sopraventricolari ha […]

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Che cosa sono le tachicardie sopraventricolari?

Le tachicardie sopraventricolari sono aritmie caratterizzate da improvviso rialzo della frequenza cardiaca, avvertite dal paziente come sensazione di cardiopalmo. Queste aritmie nascono dagli atri, camere cardiache superiori, e vengono condotte ai ventricoli, così che l’intero apparato cardiaco si contrae a elevata frequenza. La maggior parte delle tachicardie sopraventricolari ha un esordio e una terminazione improvvisa. I sintomi comuni sono: sensazione di battito cardiaco accelerato, regolare o irregolare, sensazione di “cuore in gola”, talora senso di stanchezza, di dolore toracico. In rari casi si verifica sincope (svenimento).

Le principali tachicardie sopraventricolari sono:

La tachicardia da rientro atrioventricolare

È una tachicardia che si caratterizza per coinvolgere gli atri, i ventricoli, il nodo AV e la via accessoria (ossia fascio di fibre accessorie che rappresenta la via anomala). Questa via accessoria si localizza a livello dell’anello mitralico (valvola cardiaca sinistra) oppure a livello della valvola tricuspide (valvola cardiaca destra). La via anomala è in grado di condurre l’impulso elettrico da atrio a ventricolo oppure da ventricolo ad atrio, ad alte velocità di conduzione, rendendosi quindi responsabile dell’innesco e del mantenimento di tachicardie.

Che cos’è l’ablazione transcatetere della via accessoria?

L’ablazione transcaterere (ATC) con radiofrequenza è considerata la metodica di prima scelta per la cura delle tachicardie sopraventricolari da rientro dovute a via accessoria. Questa è correlata ad alta efficacia e bassa incidenza di complicanze. L’ablazione è una procedura che ha l’obiettivo di eliminare le cellule responsabili dell’insorgenza della tachicardia.

Come si svolge l’ablazione transcatetere della via accessoria?

L’ablazione viene eseguita in una sala operatoria dedicata (sala di elettrofisiologia), in anestesia locale; attraverso la puntura della vena femorale destra, vengono posizionati due introduttori venosi 7Fr e 8Fr e attraverso questi introduttori vengono avanzati in atrio destro i cateteri diagnostici multipolari. Durante la prima parte della procedura verrà effettuato lo studio dell’aritmia (studio elettrofisiologico): mediante le stimolazioni programmate da atrio e ventricolo viene individuata la sede della via accessoria e ne vengono evidenziate le proprietà elettrofisiologiche, inducendo, mappando e poi interrompendo la suddetta tachicardia da rientro AV. Una volta localizzato il sito target, sede della via anomala, viene introdotto dalla vena femorale il catetere ablatore; l’area colpevole viene resa inattiva mediante erogazione di un polso millimetrico di radiofrequenza, esclusivamente a carico delle cellule responsabili della tachicardia.  Questa fase prende il nome di “ablazione transcatetere con radiofrequenza della via accessoria”. Qualora la via anomala fosse localizzata in atrio sinistro, verrà utilizzato l’approccio anterogrado, transettale, per accedere in atrio sinistro e all’anello mitralico. Dopo l’eliminazione della via anomala si esegue nuovamente lo studio elettrofisiologico così da confermare la buona riuscita della procedura, documentando l’assenza della via accessoria e la non inducibilità della tachicardia. La percentuale di successo è del 95%.

Dopo poche ore dal termine dell’ablazione, il paziente si alza e si mobilizza in reparto; la mattina seguente può ritornare al proprio domicilio, dopo esecuzione dell’elettrocardiogramma di controllo.

Chi può effettuare l’ablazione della via accessoria?

Tutti i pazienti affetti da sindrome di Wolff-Parkinson-White o via accessoria AV ad alto rischio aritmico; tutti i pazienti con tachicardie da rientro AV o con episodi di fibrillazione atriale preeccitata (fibrillazione atriale condotta lunga la via accessoria). In tal caso è possibile che il paziente perda coscienza o che l’aritmia degeneri in una forma più grave. Questo è un evento molto raro, ma si può verificare: è per questo che i pazienti affetti da sindrome di Wolff-Parkinson-White, anche se asintomatici, dovrebbero consultare un elettrofisiologo.

Follow-up

Tutti i pazienti ricoverati presso il nostro Centro all’atto della dimissione, dopo l’ablazione, riceveranno indicazioni riguardo alle successive visite di controllo. Generalmente la prima visita viene effettuata circa 45-60 giorni dopo la dimissione, con il consiglio di eseguire un Holter ECG 24 ore prima del controllo cardiologico.

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Ablazione delle tachicardie atriali https://jotodsjo.click/cure/ablazione-delle-tachicardie-atriali/ Wed, 25 Nov 2020 10:26:16 +0000 http://humanitas.local/cure/ablazione-delle-tachicardie-atriali/ Lo studio elettrofisiologico consente di creare la mappa elettrica del cuore e di individuare il punto da cui la tachicardia origina; mediante il catetere ablatore poi si erogano scariche di radiofrequenza andando a bruciare il gruppo di cellule responsabili dell’aritmia.   Che cos’è l’ablazione delle tachicardie atriali? Le tachicardie atriali sono aritmie secondarie ad aumentata […]

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Lo studio elettrofisiologico consente di creare la mappa elettrica del cuore e di individuare il punto da cui la tachicardia origina; mediante il catetere ablatore poi si erogano scariche di radiofrequenza andando a bruciare il gruppo di cellule responsabili dell’aritmia.

 

Che cos’è l’ablazione delle tachicardie atriali?

Le tachicardie atriali sono aritmie secondarie ad aumentata automaticità di alcune cellule atriali, che in particolari condizioni si attivano e innescano l’aritmia. Il trattamento di scelta di queste aritmie è l’ablazione transcatetere.

Il flutter atriale è un’aritmia secondaria alla presenza di un circuito elettrico aggiuntivo che si trova quasi sempre in atrio destro, raramente in atrio sinistro. Il circuito elettrico consta di un anello che occupa tutta la circonferenza dell’atrio.

 

Come funziona l’ablazione delle tachicardie atriali?

Mediante studio elettrofisiologico si crea la mappa elettrica del cuore e si va a individuare il punto da cui la tachicardia origina; successivamente, mediante il catetere ablatore, si erogano scariche di radiofrequenza andando a bruciare il gruppo di cellule responsabili dell’aritmia. La procedura risulta essere tecnicamente più semplice nel caso in cui il gruppo di cellule responsabile si trovi in atrio destro; nel caso in cui il focus aritmogeno si trovi nelle sezioni di sinistra, la procedura è più complessa e richiede, analogamente al trattamento della fibrillazione atriale, il passaggio mediante ago attraverso il forame ovale (puntura transettale).

La procedura di scelta per il trattamento della forma più comune di flutter, quella destra, consiste nell’interruzione del circuito mediante procedura di ablazione con radiofrequenza in una particolare zona, denominata istmo cava inferiore-tricuspide, facilmente individuabile dal punto di vista elettrico e mediante guida fluoroscopica (raggi X).

Come avviene la procedura?

Il tutto si svolge in regime di ricovero. La procedura viene eseguita con il paziente cosciente, previa sola anestesia locale in sede di accesso venoso (femorale destro). La durata della procedura può variare in base alla difficoltà nel raggiungere il focus aritmico con il catetere ablatore (1-4 ore).
In assenza di complicanze, la dimissione avviene il giorno successivo.

L’ablazione delle tachicardie atriali è dolorosa o pericolosa?

La procedura è generalmente ben tollerata; gli unici fastidi per il paziente possono essere il reperimento dell’accesso vascolare e, in alcuni casi, il momento dell’ablazione (sensazione di bruciore al petto). Durante la procedura è possibile che il paziente avverta anche tachicardia, che l’operatore cerca di innescare al fine di poterla adeguatamente mappare e reperirne il punto di origine.

Chi può effettuare il trattamento?

Tutti i pazienti affetti da tachicardie atriali non responsive ai farmaci antiaritmici o che non tollerano questi ultimi sono candidabili alla procedura.

Follow up

I successivi controlli possono prevedere valutazioni cliniche e l’esecuzione periodica di ecg holter al fine di scoprire eventuali recidive asintomatiche.

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Ablazione delle tachicardie da rientro https://jotodsjo.click/cure/ablazione-delle-tachicardie-da-rientro/ Wed, 25 Nov 2020 10:26:16 +0000 http://humanitas.local/cure/ablazione-delle-tachicardie-da-rientro/ L’ablazione delle tachicardie da rientro è una terapia ablativa basata sull’individuazione della via accessoria mediante studio elettrofisiologico endocavitario e successiva ablazione mediante radiofrequenza della stessa.   Che cos’è l’ablazione delle tachicardie da rientro? Le tachicardie da rientro nodale (AVNRT) sono aritmie secondarie alla presenza di una via elettrica aggiuntiva a livello del nodo atrioventricolare, la […]

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L’ablazione delle tachicardie da rientro è una terapia ablativa basata sull’individuazione della via accessoria mediante studio elettrofisiologico endocavitario e successiva ablazione mediante radiofrequenza della stessa.

 

Che cos’è l’ablazione delle tachicardie da rientro?

Le tachicardie da rientro nodale (AVNRT) sono aritmie secondarie alla presenza di una via elettrica aggiuntiva a livello del nodo atrioventricolare, la cui presenza comporta la possibilità che si instaurino dei “cortocircuiti” tramite i quali l’impulso elettrico continua a propagarsi attraverso le due vie (quella fisiologica e quella aggiuntiva) perpetrando l’aritmia.
La terapia ablativa si basa sull’ablazione transcatetere con radiofrequenza della via nodale aggiuntiva, la cui posizione è generalmente semplice da individuare e piuttosto simile in ogni individuo.

 

Le tachicardie da rientro atrioventricolare (AVRT) sono aritmie secondarie alla presenza di un fascio accessorio, esterno al normale sistema di conduzione, che unisce atri e ventricoli e permette una rapida conduzione degli impulsi da una camera all’altra e facilita l’instaurarsi di aritmie da rientro.

Come funziona l’ablazione delle tachicardie da rientro?

La terapia definitiva si basa sull’individuazione della via accessoria mediante studio elettrofisiologico endocavitario e successiva ablazione mediante radiofrequenza della stessa. La procedura risulta essere tecnicamente più complicata nel caso in cui la via accessoria si trovi nelle sezioni sinistre del cuore, in quanto richiede il passaggio da destra a sinistra mediante l’utilizzo di un ago attraverso il forame ovale.

 

Come avviene la procedura?

Il tutto si svolge in regime di ricovero. La procedura viene eseguita con il paziente cosciente, previa sola anestesia locale in sede di accesso venoso (femorale destro). La durata della procedura può variare in base alla difficoltà nel raggiungere il punto esatto con il catetere ablatore (1-2 ore).
In assenza di complicanze, la dimissione avviene il giorno successivo.

 

L’ablazione delle tachicardie da rientro è dolorosa o pericolosa?

La procedura è generalmente ben tollerata; gli unici fastidi per il paziente possono essere il reperimento dell’accesso vascolare e, in alcuni casi, il momento dell’ablazione (sensazione di bruciore al petto). Durante la procedura è possibile che il paziente avverta inoltre la tachicardia, che l’operatore cerca di innescare al fine di poterla adeguatamente mappare e reperirne il punto di origine.

Chi può effettuare il trattamento?

L’ablazione transcatetere è da considerarsi la prima scelta terapeutica nei pazienti affetti da tachicardia da rientro nodale, in considerazione dell’elevata efficacia e sicurezza della procedura. E’ inoltre la prima scelta terapeutica nei pazienti portatori di vie accessorie atrioventricolari sintomatici per tachicardie da rientro o la cui via abbia delle caratteristiche elettrofisiologiche di particolare pericolosità.

Follow-up

I successivi controlli possono prevedere valutazioni cliniche e l’esecuzione periodica di ecg holter nel primo anno dopo l’ablazione.
Successivamente, in presenza di stabilità clinica, possono non essere necessari ulteriori controlli cardiologici.

 

 

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Ablazione di tachicardia atriale https://jotodsjo.click/cure/ablazione-di-tachicardia-atriale/ Wed, 25 Nov 2020 10:26:10 +0000 http://humanitas.local/cure/ablazione-di-tachicardia-atriale/ Con l’ablazione è possibile eliminare il gruppo di cellule responsabili dell’aritmia.   Nel caso della tachicardia atriale, a seconda del sito di origine, saranno diversi gli approcci per l’ablazione.     In caso di tachicardie ad origine dall’atrio sinistro potrà rendersi necessaria la puntura transettale per accedere alle sezioni cardiache di sinistra. Alcune tachicardie atriali […]

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Con l’ablazione è possibile eliminare il gruppo di cellule responsabili dell’aritmia.

 

Nel caso della tachicardia atriale, a seconda del sito di origine, saranno diversi gli approcci per l’ablazione.

 

 

In caso di tachicardie ad origine dall’atrio sinistro potrà rendersi necessaria la puntura transettale per accedere alle sezioni cardiache di sinistra.

Alcune tachicardie atriali possono dipendere invece da un rientro riconoscibile macroscopicamente ed hanno generalmente frequenza più elevata (anche oltre i 250 bpm). In questi casi si parla di flutter atriali, ossia aritmie da rientro in cui l’intero corto circuito che sostiene l’aritmia si trova all’interno degli atri.

Se il circuito è nell’atrio destro e attraversa l’area tra la vena cava inferiore e la valvola tricuspide, si parla di flutter atriale tipico. Il flutter atriale è in genere poco sensibile ai farmaci e spesso richiede la cardioversione elettrica. Lo studio elettrofisiologico può confermare la diagnosi di flutter atriale tipico: in questo caso si procederà alla ablazione transcatetere dell’istmo cavo-tricuspidalico.
Se viene eseguita in corso di aritmia, si assisterà al ripristino del ritmo sinusale durante l’erogazione di radiofrequenza.
In presenza di flutter atriale atipico sarà necessario identificare lo specifico circuito dell’aritmia: un flutter atipico si manifesta generalmente in presenza di una cardiopatia strutturale e in esiti di un intervento cardiochirurgico.

 

Il circuito dell’aritmia in genere avviene attorno alle barriere di conduzione costituite dalle suture chirurgiche associate alle barriere anatomiche fisiologiche. Sarà quindi necessario, dopo avere individuato il percorso dell’aritmia, identificarne il “punto debole”, dove il successo della ablazione potrà essere ottenuto con maggiore sicurezza e semplicità.

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Ablazione trans catetere https://jotodsjo.click/cure/ablazione-trans-catetere/ Wed, 25 Nov 2020 10:26:16 +0000 http://humanitas.local/cure/ablazione-trans-catetere/ L’ablazione trans catetere è una procedura terapeutica deputata al trattamento e all’eliminazione di diverse aritmie cardiache attraverso la bruciatura, in seguito all’erogazione di radiofrequenza del sito o della via anomala che causano l’aritmia. Che cos’è l’ablazione trans catetere? L’ablazione trans catetere è una procedura terapeutica in grado di trattare ed eliminare molte delle aritmie cardiache […]

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L’ablazione trans catetere è una procedura terapeutica deputata al trattamento e all’eliminazione di diverse aritmie cardiache attraverso la bruciatura, in seguito all’erogazione di radiofrequenza del sito o della via anomala che causano l’aritmia.

Che cos’è l’ablazione trans catetere?

L’ablazione trans catetere è una procedura terapeutica in grado di trattare ed eliminare molte delle aritmie cardiache mediante bruciatura, con radiofrequenza, del sito o della via anomala coinvolti nella genesi dell’aritmia stessa.

Tale procedura viene eseguita dopo un altro esame, lo studio elettrofisiologico, che consiste nella valutazione del sistema elettrico del cuore e che è la base per la successiva caratterizzazione ed eliminazione dell’eventuale aritmia presente.

Come funziona l’ablazione trans catetere?

L’ablazione trans catetere viene eseguita attraverso l’erogazione di energia elettrica (radiofrequenza) dalla punta metallica di un particolare elettrocatetere, di materiale plastico, che viene introdotto per via venosa (generalmente femorale) e portato, sotto guida fluoroscopia (raggi X) all’interno del cuore; l’erogazione di energia elettrica comporta un riscaldamento della punta metallica, e tale riscaldamento provoca delle piccolissime bruciature. Il catetere viene posizionato nel punto dove, basandosi sulla lettura dei segnali elettrici riportati, appare più facile l’ottenimento dell’interruzione dell’aritmia; con questa metodica la radiofrequenza viene applicata solamente nei punti coinvolti nella genesi dell’aritmia e non si danneggia il tessuto miocardico normale.

Come avviene la procedura?

La maggior parte delle ablazioni trans catetere viene eseguita a paziente cosciente (a eccezione dell’ablazione della fibrillazione atriale) e pertanto il paziente può in ogni momento comunicare con il medico operatore, riferendo qualsiasi eventuale disturbo. La procedura tuttavia, nella maggior parte dei casi, non comporta particolare sintomatologia se non una lieve sensazione di bruciore durante l’erogazione della radiofrequenza. Per la buona riuscita è fondamentale la collaborazione del paziente, il quale deve muoversi il meno possibile (soprattutto durante le erogazioni di radiofrequenza) al fine di evitare sposizionamenti del catetere ablatore, evenienza che potrebbe incidere sull’esito positivo della procedura stessa.

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Ablazione trans catetere della tachicardia da rientro nodale https://jotodsjo.click/cure/ablazione-trans-catetere-della-tachicardia-da-rientro-nodale/ Wed, 25 Nov 2020 10:26:10 +0000 http://humanitas.local/cure/ablazione-trans-catetere-della-tachicardia-da-rientro-nodale/ Una volta risolto l’episodio aritmico la terapia attualmente riconosciuta come gold standard per il trattamento della tachicardia da rientro nodale è lo studio elettrofisiologico con ablazione trans catetere del circuito della tachicardia. Nei pazienti con doppia via nodale il decorso della via rapida all’interno del nodo atrioventricolare corrisponde al tratto superiore e anteriore, mentre il […]

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Una volta risolto l’episodio aritmico la terapia attualmente riconosciuta come gold standard per il trattamento della tachicardia da rientro nodale è lo studio elettrofisiologico con ablazione trans catetere del circuito della tachicardia. Nei pazienti con doppia via nodale il decorso della via rapida all’interno del nodo atrioventricolare corrisponde al tratto superiore e anteriore, mentre il tratto posteriore corrisponde alla via lenta.

Durante lo studio elettrofisiologico vengono effettuate le stimolazioni atriali e ventricolari atte a evidenziare la presenza della duplicità nodale AV. Una volta confermata la presenza di doppia via nodale e fatta diagnosi di TRN, si procede all’ablazione della via lenta che consiste nell’erogazioni di polsi puntiformi, millimetrici, di radiofrequenza, effettuati con un catetere ablatore, in corrispondenza della via lenta, così da interrompere la conduzione elettrica lungo uno dei due bracci del cortocircuito (la via lenta anterograda).

Dopo l’eliminazione della via lenta si esegue nuovamente lo studio elettrofisiologico così da confermare la buona riuscita della procedura, documentando l’impossibilità ad indurre nuovamente tachicardie. L’esame elettrofisiologico e l’ablazione vengono eseguiti in anestesia locale, effettuata a livello inguinale destro.

Attraverso la puntura della vena femorale vengono introdotti gli elettrocateteri necessari per lo studio elettrofisiologico e per l’ablazione. Il pomeriggio stesso il paziente si può alzare e la mattina successiva può essere dimesso.

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Ablazione transcatetere della fibrillazione atriale https://jotodsjo.click/cure/ablazione-transcatetere-della-fibrillazione-atriale/ Wed, 23 Feb 2022 11:26:37 +0000 https://jotodsjo.click/?post_type=cure&p=88678 La fibrillazione atriale (FA) è un’aritmia che genera una contrazione rapida e irregolare del battito cardiaco. Nella fibrillazione atriale l’attività elettrica degli atri è completamente disorganizzata e non corrisponde a un’attività meccanica efficace. La contrazione irregolare e rapida delle camere cardiache determina una riduzione del volume di sangue espulso a ogni sistole, dando così un […]

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La fibrillazione atriale (FA) è un’aritmia che genera una contrazione rapida e irregolare del battito cardiaco. Nella fibrillazione atriale l’attività elettrica degli atri è completamente disorganizzata e non corrisponde a un’attività meccanica efficace. La contrazione irregolare e rapida delle camere cardiache determina una riduzione del volume di sangue espulso a ogni sistole, dando così un alterato apporto ematico a tutti gli organi, generando sintomi e segni di scompenso cardiaco.

Spesso i primi episodi di fibrillazione atriale iniziano e terminano spontaneamente dopo poche ore (episodi di fibrillazione atriale parossistica). Se non curati, tali episodi con il passare dei mesi e degli anni aumentano in frequenza e durata. Qualora un episodio insorto non regredisse spontaneamente dopo molte ore o dopo qualche giorno, esso richiederebbe l’intervento esterno per essere terminato (FA persistente). L’intervento esterno può essere costituito dalla cardioversione elettrica (DC shock) o farmacologica (infusione di un farmaco in vena), mirate all’interruzione della fibrillazione atriale e al ripristino del ritmo cardiaco normale (sinusale).

Tra le possibili cause della fibrillazione atriale troviamo difetti delle valvole cardiache o pregressi eventi ischemici. Anche l’ipertiroidismo o altri squilibri metabolici possono essere coinvolti nella genesi della fibrillazione atriale. Nella maggior parte dei casi la fibrillazione atriale è quindi la conseguenza di una malattia cardiovascolare, ma può verificarsi anche in soggetti che non soffrono di alcuna cardiopatia.

Che cos’è l’ablazione transcatetere della fibrillazione atriale?

La fibrillazione atriale viene innescata da alcuni impulsi elettrici anomali, provenienti da cellule cardiache atriali che si trovano nelle fibre muscolari presenti nel primo tratto delle vene polmonari (fattori trigger), in particolare alla giunzione vena-atrio, dove risiedono frequentemente i foci aritmogeni.

La metodica più efficace nel mantenimento del normale ritmo cardiaco è l’ablazione transcatetere. Questa è una metodica invasiva che viene effettuata in sala operatoria, in anestesia locale o totale con l’assistenza anestesiologica. Prima di eseguire questa metodica è necessario visionare esami ematici ed effettuare un ecocardiogramma transtoracico e transesofageo (che permette la visione più accurata delle camere atriali) al fine di escludere la presenza di formazioni trombotiche atriali.

L’ablazione transcatetere ha lo scopo di eliminare i foci cardiaci atriali che generano l’insorgenza di fibrillazione atriale.

Come funziona l’ablazione transcatetere della fibrillazione atriale?

Il paziente viene preparato in reparto il pomeriggio precedente con posizionamento di accesso venoso al braccio sinistro. Viene sempre effettuato un monitoraggio con telemetria del battito nelle ore che precedono l’ablazione.

Il giorno della procedura il paziente viene condotto in sala generalmente alla mattina; viene accolto dal personale infermieristico di sala che si occupa della preparazione del paziente in sala operatoria. Si esegue quindi l’allestimento del campo operatorio sterile; l’accesso al sistema cardiocircolatorio avviene mediante la puntura della vena femorale, condotta con guida ecografica. In questa vena vengono posizionati 3 introduttori valvolati; vengono poi avanzati e posizionati 2 elettrocateteri multipolari diagnostici a livello cardiaco, utilizzando l’apparecchiatura radiologica che permette la visualizzazione degli elettrodi all’interno del cuore. Viene successivamente avanzato l’ago di Brockenbrough a livello della fossa ovale (presente in atrio destro: setto interatriale); l’ago viene avanzato e la fossa ovale viene perforata permettendo l’accesso in atrio sinistro (microforo). Viene quindi introdotto in atrio sinistro il catetere mappante-ablatore. Prima di effettuare la procedura ablativa eseguiamo sempre il mappaggio della camera atriale sinistra, che viene ottenuto mediante il catetere ablatore oppure attraverso l’utilizzo di un catetere mappante multipolare, che permette di localizzare i segnali cardiaci con elevatissima precisione, creando mappe ad alta densità e definizione.

La ricostruzione elettro-anatomica dell’atrio sinistro viene creata in 3D così da permettere il più possibile una navigazione precisa dentro la camera atriale. Dopo la localizzazione dei siti target di ablazione il catetere ablatore viene posizionato a livello dell’antro venoso polmonare. In questa sede vengono effettuati numerosi polsi di radiofrequenza attraverso il catetere ablatore, allo scopo di creare lesioni che eliminano i foci aritmogeni e isolano elettricamente le 4 vene polmonari dall’atrio sinistro. Al termine della procedura ablativa si valida il risultato mediante stimolazioni dai cateteri cardiaci; dopo aver documentato il completo isolamento elettrico delle vene polmonari, con evidenza di blocco bidirezionale, la procedura si ritiene conclusa. Il paziente al termine della procedura viene condotto in reparto, viene effettuato un ecocardiogramma di controllo e un elettrocardiogramma (ECG).  In sede d’accesso vascolare saranno presenti solo 3 piccole punture a livello della vena femorale destra. Dopo 8 ore dalla procedura ablativa il paziente si mobilizza e la mattina successiva, previa monitorizzazione del battito, potrà essere dimesso dall’ospedale.

In caso di pazienti affetti da fibrillazione atriale persistente, sintomatica, già sottoposti ad ablazione transcatetere, con successive recidive aritmiche refrattarie alla terapia antiaritmica, è possibile valutare l’ablazione chirurgica della fibrillazione atriale.

Quali pazienti possono effettuare l’ablazione transcatetere della fibrillazione atriale?

Tutti i pazienti affetti da fibrillazione atriale sintomatica, parossistica o persistente, per i quali il farmaco antiaritmico non è stato sufficientemente efficace nella prevenzione delle recidive aritmiche. L’ablazione può essere considerata come terapia di prima scelta per i pazienti con fibrillazione atriale sintomatica, come alternativa alla terapia farmacologica.

Follow-up

Tutti i pazienti ricoverati presso il nostro Centro, affetti da fibrillazione atriale, all’atto della dimissione riceveranno indicazioni riguardo alle successive visite di controllo. Generalmente la prima visita viene effettuata circa 45-60 giorni dopo la dimissione, con il consiglio di eseguire un Holter ECG 24 ore. Un sistema di monitoraggio molto efficace utilizzato per monitorizzare i risultati del processo ablativo, è l’impianto sottocutaneo di un “mini holter” del battito (loop recorder). Questo dispositivo rileva in continuo il battito cardiaco e memorizza le eventuali alterazioni del ritmo. L’aritmologo successivamente sarà in grado, mediante l’utilizzo di un computer, di estrapolare tutti i dati memorizzati, al fine di ottimizzare la terapia.

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Addominoplastica https://jotodsjo.click/cure/addominoplastica/ Thu, 23 Sep 2021 09:47:46 +0000 https://jotodsjo.click/?post_type=cure&p=85640 L’addominoplastica è un intervento chirurgico di rimodellamento dell’addome a cui si può ricorrere per correggere alcuni inestetismi e la diastasi dei muscoli addominali, ossia uno spostamento verso i lati dei muscoli verticali dell’addome, che comporta una maggiore prominenza della zona e pregiudica il corretto lavoro di questi stessi muscoli, causando fastidiosi disturbi. Che cos’è l’addominoplastica? […]

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L’addominoplastica è un intervento chirurgico di rimodellamento dell’addome a cui si può ricorrere per correggere alcuni inestetismi e la diastasi dei muscoli addominali, ossia uno spostamento verso i lati dei muscoli verticali dell’addome, che comporta una maggiore prominenza della zona e pregiudica il corretto lavoro di questi stessi muscoli, causando fastidiosi disturbi.

Che cos’è l’addominoplastica?

L’addominoplastica è l’intervento chirurgico a cui si ricorre per eliminare i tessuti di rivestimento in eccesso presenti sull’addome, per ridurre il grasso superficiale e per riposizionare i muscoli nella loro forma originaria in caso di diastasi dei muscoli addominali. La diastasi dei muscoli retti addominali è una condizione che si può verificare a seguito di una gravidanza (per esempio un parto gemellare) o di un importante dimagrimento che modifica la forma della pancia e determina un addome meno continente.

L’addominoplastica prevede il rimodellamento chirurgico della zona addominale e, a seconda delle condizioni cliniche della o del paziente, delle sue esigenze personali e delle sue caratteristiche può venire effettuata in modo tradizionale o con tecniche meno invasive.

La chirurgia tradizionale prevede un intervento più ampio, a volte associato a liposuzione, mentre le tecniche meno invasive (es. mini addominoplastica) comportano una ripresa più veloce e lasciano sul corpo cicatrici più corte.

Come si svolge l’addominoplastica?

L’addominoplastica tradizionale si effettua in anestesia totale, effettuando un’incisione da un fianco all’altro, che si abbassa leggermente nella zona centrale sovrapublica. La cicatrice assomiglia molto a quella del parto cesareo.

Tramite questa incisione viene eliminata la cute e il grasso superficiale in eccesso. Se necessario, si approfitta dell’intervento estetico per riposizionare nella loro sede originaria i muscoli addominali, unendoli con dei punti interni.

In caso di ulteriori depositi localizzati di grasso, questi vengono eliminati con cannule per la lipoaspirazione, inserite in forellini praticati sulla cute e di dimensioni pari a circa 0,5 cm.

Se la quantità di tessuti da rimuovere è contenuta si può effettuare una mini-addominoplastica, con incisione più corta, riparazione dei muscoli se necessario e asportazione dell’eccesso solo nella parte inferiore dell’addome. Anche con la mini-addominoplastica è possibile se necessario associare una liposuzione dei fianchi e degli eccessi adiposi.

Quali sono i vantaggi dell’addominoplastica?

L’addominoplastica garantisce dei benefici sia dal punto di vista posturale, sia per quanto riguarda l’aspetto estetico, poiché agisce direttamente sulla silhouette, mettendo in luce il punto vita e snellendo nel complesso la figura. Evita inoltre che si formino pieghe di cute che possono essere sede di fenomeni infiammatori della cute. Inoltre il ripristino della posizione corretta dei muscoli addominali rinforza la parete evitando fastidi ed ernie.

L’addominoplastica è pericolosa o dolorosa?

L’addominoplastica è un intervento veloce, che abitualmente non supera l’ora e mezza e che consente una pronta e veloce ripresa. La dimissione dall’ospedale avviene infatti in genere solo dopo una notte di degenza. Il paziente viene invitato ad alzarsi il giorno stesso e la convalescenza dura 7-10 giorni, con fastidi via via minori.

Quali pazienti possono effettuare l’addominoplastica?

L’addominoplastica è un intervento consigliato per rimuovere i tessuti in eccesso che possono essere presenti sull’addome in seguito a gravidanze o a notevoli dimagrimenti e in pazienti che soffrono di diastasi dei muscoli addominali. In questi casi, i pazienti presentano un addome che risulta prominente non a causa di depositi di grasso interno, ma perché lo spostamento verso i lati dei muscoli retti determina una minore continenza della parete addominale. Neppure l’attività fisica aiuta in questi casi e l’unica soluzione è ricostruire chirurgicamente la parete addominale riavvicinando i muscoli che si sono allontanati.

Sono previste norme di preparazione?

Non serve nulla di particolare per prepararsi all’intervento chirurgico, anche se è importante che soprattutto nei casi di dimagrimento il peso raggiunto sia stabile da almeno sei mesi. Nei casi in cui il grasso sia profondo (grasso viscerale) o nei casi di obesità residua dopo dimagrimento, bisogna ricordare che l’addominoplastica non sostituisce attività fisica e corretto regime alimentare.

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Anastomosi delle tube (o salpingi) https://jotodsjo.click/cure/anastomosi-delle-tube-o-salpingi/ Wed, 25 Nov 2020 10:25:30 +0000 http://humanitas.local/cure/anastomosi-delle-tube-o-salpingi/ Il primo intervento chirurgico con il robot è stato eseguito sulle salpingi, ambito chirurgico fra i più complessi. L’indicazione di procedere con la chirurgica robotica per la riapertura delle salpingi dopo legatura delle stesse per sterilizzazione volontaria, sta proprio nella qualità delle suture, che possono essere eseguite con facilità grazie agli strumenti robotici. Infatti, la anastomosi […]

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Il primo intervento chirurgico con il robot è stato eseguito sulle salpingi, ambito chirurgico fra i più complessi. L’indicazione di procedere con la chirurgica robotica per la riapertura delle salpingi dopo legatura delle stesse per sterilizzazione volontaria, sta proprio nella qualità delle suture, che possono essere eseguite con facilità grazie agli strumenti robotici. Infatti, la anastomosi delle salpingi prevede una serie di punti con fili riassorbibili estremamente sottili, usati per ricostruire lo strato muscolare e la sierosa delle salpingi. L’estrema precisione dell’operazione microchirurgica riporta in letteratura in prima esperienza, un successo in termini di gravidanze del 50% (in assenza di gravidanze ectopiche). In virtù delle qualità che esprime il robot in questo genere di intervento, se esistono gli estremi per eseguire un tentativo di anastomosi tubarica, la tecnica robotica è la prima scelta.

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Aneurismectomia https://jotodsjo.click/cure/aneurismectomia/ Tue, 07 Feb 2017 10:28:00 +0000 http://humanitas.local/cure/aneurismectomia/ L’intervento chirurgico classico di aneurismectomia viene eseguito secondo tecniche ormai collaudate da decenni e con materiali che sono notevolmente migliorati negli anni. Il tratto di aorta dilatato viene sostituito con una protesi, cioè un tubo di materiale sintetico, che viene ancorato con una sutura alla parete arteriosa sana. Questo tubo può essere retto o biforcato […]

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L’intervento chirurgico classico di aneurismectomia viene eseguito secondo tecniche ormai collaudate da decenni e con materiali che sono notevolmente migliorati negli anni. Il tratto di aorta dilatato viene sostituito con una protesi, cioè un tubo di materiale sintetico, che viene ancorato con una sutura alla parete arteriosa sana. Questo tubo può essere retto o biforcato a seconda che sia interessata solo l’aorta addominale o anche le arterie iliache. Il flusso di sangue viene temporaneamente bloccato da pinze che vengono poi rimosse quando la protesi è stata ben posizionata.

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Aneurismectomia con tecnica endovascolare https://jotodsjo.click/cure/aneurismectomia-con-tecnica-endovascolare/ Wed, 25 Nov 2020 10:26:13 +0000 http://humanitas.local/cure/aneurismectomia-con-tecnica-endovascolare/ Un differente trattamento per gli aneurismi dell’aorta addominale si è sviluppato in anni recenti, in alternativa all’intervento chirurgico classico. E’ stata introdotta la possibilità di inserire una protesi nel tratto di aorta dilatata, con un catetere che viene fatto risalire dall’arteria femorale (all’inguine): questa protesi è contenuta in una guaina che, sotto controllo radiologico, viene aperta solo quando […]

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Un differente trattamento per gli aneurismi dell’aorta addominale si è sviluppato in anni recenti, in alternativa all’intervento chirurgico classico.

E’ stata introdotta la possibilità di inserire una protesi nel tratto di aorta dilatata, con un catetere che viene fatto risalire dall’arteria femorale (all’inguine): questa protesi è contenuta in una guaina che, sotto controllo radiologico, viene aperta solo quando è correttamente posizionata in corrispondenza dell’aneurisma. Questa tecnica “endovascolare” ha il grande vantaggio di non richiedere un’ampia incisione dell’addome (come invece avviene per l’i ntervento chirurgico tradizionale): può quindi essere eseguito in anestesia locale o spinale e richiede un ridotto tempo di permanenza in ospedale.

E’ dunque una metodica utile per il trattamento degli aneurismi dell’aorta addominale anche in soggetti che, per contemporanea presenza di malattie di cuore o polmoni, sarebbero esposti ad un alto rischio con l’intervento chirurgico. Tuttavia, attualmente non disponiamo di dati certi sui risultati a lungo termine del trattamento endovascolare ed inoltre talvolta le caratteristiche morfologiche (la forma e l’estensione della dilatazione aortica stessa) ne rendono impossibile l’a pplicazione.

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Aneurismectomia dei vasi intracranici https://jotodsjo.click/cure/aneurismectomia-dei-vasi-intracranici/ Wed, 25 Nov 2020 10:26:27 +0000 http://humanitas.local/cure/aneurismectomia-dei-vasi-intracranici/ L’aneurismectomia dei vasi intracranici è un intervento neurochirurgico che consiste nella rimozione chirurgica di un aneurisma che si forma in una delle arterie o arteriole presenti nel cranio.   Che cos’è l’aneurismectomia dei vasi intracranici? L’aneurismectomia dei vasi intracranici è un intervento neurochirurgico che consiste nella rimozione chirurgica di un aneurisma che si forma in […]

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L’aneurismectomia dei vasi intracranici è un intervento neurochirurgico che consiste nella rimozione chirurgica di un aneurisma che si forma in una delle arterie o arteriole presenti nel cranio.

 

Che cos’è l’aneurismectomia dei vasi intracranici?

L’aneurismectomia dei vasi intracranici è un intervento neurochirurgico che consiste nella rimozione chirurgica di un aneurisma che si forma in una delle arterie o arteriole presenti nel cranio (l’aneurisma è una dilatazione localizzata di un’arteria o arteriola che si sviluppa per effetto della pressione del sangue in corrispondenza di una zona di minore resistenza della parete del vaso). Solitamente gli aneurismi intracranici interessano le arterie cerebrali del circolo di Willis, generalmente ai loro punti di biforcazione, e la loro rottura causa emorragia subaracnoidea.

 

Come si svolge l’intervento di aneurismectomia dei vasi intracranici?

L’intervento di aneurismectomia dei vasi intracranici consiste nella chiusura dell’aneurisma con una o più clip in titanio. L’operazione chirurgica si esegue in anestesia generale. All’aneurisma il chirurgo riesce ad accedere mediante un’incisione cutanea a livello della regione fronto-temporale e mediante la creazione di uno sportello osseo.
L’intervento può essere eseguito anche mediante trattamento endovascolare: questo tipo di approccio prevede il rilascio da parte di un microcatetere all’interno dell’aneurisma di sottili filamenti metallici che hanno il compito di rallentare il flusso di sangue all’interno della sacca aneurismatica e quindi, la trombosi.
Il trattamento endovascolare va diffondendosi sempre di più perché meglio accettato dai pazienti in quanto ritenuto minimamente invasivo. Anche questo tipo di intervento, però, al pari dell’approccio chirurgico, non è esente da complicanze che possono rivelarsi anche molto gravi.

 

Chi può sottoporsi ad aneurismectomia dei vasi intracranici?

Tutti i soggetti per i quali si ritiene indispensabile questo tipo di approccio devono sottoporsi a aneurismectomia dei vasi intracranici. Particolare attenzione si deve prestare ai pazienti fumatori e ipertesi: i soggetti ipertesi e fumatori sono infatti esposti a un rischio di rottura dell’aneurisma intracranico 15 volte maggiore rispetto ai normotesi non fumatori. In particolare a favorire la rottura degli aneurismi intracranici sembrano essere soprattutto gli aumenti di pressione improvvisi (come quelli che si verificano durante gli sforzi fisici intensi).

 

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’aneurismectomia dei vasi intracranici?

Poiché spesso si tratta di un intervento chirurgico salvavita, i “pro” associati a questo trattamento superano di gran lunga i “contro”. Questo tipo di intervento chirurgico, estremamente delicato, permette di trattare una condizione patologica, ovvero la presenza di un aneurisma, che non potrebbe essere trattata altrimenti: quando l’intervento è ritenuto necessario, dunque, i “pro” del trattamento sono sempre maggiori dei “contro”.

 

L’aneurismectomia dei vasi intracranici è un intervento doloroso e/o pericoloso?

Come tutti gli interventi chirurgici che interessano il cervello, l’intervento di aneurismectomia dei vasi intracranici comporta un decorso post operatorio importante che necessita di costante controllo medico e non è esente da complicazioni, alcune delle quali possono risultare anche gravi (rottura dell’aneurisma con conseguente emorragia, formazione di un nuovo aneurisma).

 

Follow up

In seguito alla sottoposizione all’aneurismectomia dei vasi intracranici è necessario che il paziente venga tenuto sotto controllo medico per valutarne lo stato di salute nel periodo post-operatorio. Poiché l’aneurismectomia dei vasi intracranici è una procedura estremamente delicata è opportuno rimanere a riposo per qualche giorno dopo l’intervento anche per il recupero dall’anestesia. In seguito all’intervento il paziente viene sottoposto a periodici controlli (valutazione specialistica neurochirurgica ed esami diagnostici angiografici mirati) per valutare che il quadro clinico e il decorso operatorio siano regolari.

 

Norme di preparazione

È necessario seguire le norme di preparazione richieste per gli interventi chirurgici in anestesia generale o locale. Nel caso in cui l’intervento venga eseguito in anestesia totale è importante che il paziente sia a digiuno dalla mezzanotte precedente. Al paziente potrà essere richiesto di sottoporsi a esami del sangue e radiografici o a visite specialistiche al fine di evitare complicanze durante e dopo l’intervento chirurgico.

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Angioplastica carotidea e stenting https://jotodsjo.click/cure/angioplastica-carotidea-e-stenting/ Wed, 25 Nov 2020 10:26:20 +0000 http://humanitas.local/cure/angioplastica-carotidea-e-stenting/ L’angioplastica carotidea è una procedura non invasiva di Interventistica Radiologica che consente di rimuovere ostruzioni presenti nelle carotidi, le due principali arterie del collo che portano il sangue dal cuore al cervello. Questi due vasi arteriosi, infatti, possono restringersi (stenosi) a causa principalmente dell’aterosclerosi, patologia caratterizzata dall’accumulo di placche di grasso, riducendo o interrompendo del […]

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L’angioplastica carotidea è una procedura non invasiva di Interventistica Radiologica che consente di rimuovere ostruzioni presenti nelle carotidi, le due principali arterie del collo che portano il sangue dal cuore al cervello. Questi due vasi arteriosi, infatti, possono restringersi (stenosi) a causa principalmente dell’aterosclerosi, patologia caratterizzata dall’accumulo di placche di grasso, riducendo o interrompendo del tutto il flusso del sangue al cervello, con un alto rischio di ictus. Con la stessa procedura eseguita tramite l’introduzione nei vasi sanguigni di piccole cannule in anestesia locale si può procedere anche al posizionamento di cilindri metallici (stent) che conservano la dilatazione delle carotidi evitando che possano restringersi e chiudersi di nuovo.

 

Che cos’è l’angioplatica carotidea e stenting?

L’angioplastica carotidea e lo stenting sono procedure recenti, ma già ampiamente consolidate nella pratica medica. Sostituendo l’intervento chirurgico, consentono di pulire e liberare le arterie carotidi da accumuli di grasso che ostacolano il passaggio del sangue e possono ridurre il flusso di ossigeno al cervello, causando l’infarto cerebrale anche noto come ictus. Colesterolo alto, ipertensione e fumo sono le cause più frequenti. Oltre a chiudersi per l’accumulo di placche aterosclerotiche, nelle carotidi possono formarsi anche pericolosi trombi, coaguli di sangue che occludono il vaso sanguigno in cui si sono formati o possono muoversi bloccando il passaggio in altri punti del sistema sanguigno.
La procedura prevede l’inserimento di una sottile cannula (catetere) all’altezza dell’inguine, nell’arteria femorale. L’intervento avviene in anestesia locale, per permettere al paziente di riferire le proprie sensazioni durante la procedura. Il catetere viene guidato tramite immagini radiografiche fino al punto occluso dalle placche. Successivamente, si procede alla dilatazione del tratto malato e al posizionamento di un tubicino in rete metallica (stent), fatto di materiale compatibile con l’organismo umano. Lo stent viene rilasciato nella parte del vaso sanguigno soggetta a restringimento per proteggere le pareti delle arterie ed evitare che tornino a chiudersi.
La durata totale della procedura è di circa 1-2 ore. La dimissione avviene normalmente il giorno successivo all’intervento.

 

Qual è l’ospedalizzazione richiesta?

La procedura avviene in anestesia locale. Il paziente resta sveglio durante tutto l’intervento e ha la possibilità di comunicare allo staff sanitario ogni sensazione. Durante l’intervento è sempre presente lo staff di anestesiologi per monitorare tutti i parametri legati alla procedura.

 

Quali sono i vantaggi dell’angioplastica carotidea e stenting?

Come tutte le procedure mediche, l’angioplastica carotidea presenta un profilo di rischio che viene valutato rispetto ai benefici ottenibili dalla procedura, vale a dire la riduzione di un elevato rischio di ictus o di trombosi. L’angioplastica è indicata se la stenosi supera del 75% il volume del vaso sanguigno oppure se il paziente è a rischio di ictus o è già stato colpito da ictus.
L’angioplastica è un trattamento alternativo all’intervento (endoarteriectomia arteriosa) nei casi in cui i pazienti non possano o non vogliano sottoporsi alla chirurgia.
Esistono rischi legati al possibile distacco di frammenti delle placche aterosclerotiche che immettendosi nel circolo sanguigno arrivano al cervello causando attacco ischemico transitorio (2-3% dei casi) o ictus ischemico (1,2% dei casi). Si tratta di eventualità che vengono evitate introducendo speciali barriere (chiamate “filtri”) che permettono di trasportare all’esterno le scorie prelevate durante la pulizia delle carotidi.

 

È doloroso o pericoloso?

Il trattamento è indolore, perché eseguito in anestesia locale.
Le complicanze più gravi sono l’attacco ischemico transitorio e l’ictus ischemico. Molto più rare sono difficoltà respiratorie, battiti cardiaci irregolari, perdita di coscienza. Nell’1% dei casi si hanno reazioni minori come starnuti o nausea e un peggioramento temporaneo della funzione renale, legato all’uso del mezzo di contrasto per la guida del catetere che viene progressivamente espulso mediante il consumo abbondante d’acqua nelle ore successive all’intervento.

 

Chi può sottoporsi al trattamento?

I candidati sono selezionati in conformità a criteri medici e radiologici, per individuare le caratteristiche che rendono l’angioplastica più opportuna ed efficace, ma ugualmente sicura, rispetto al trattamento chirurgico.

 

Follow-up

Dopo l’angioplastica il paziente deve restare a letto e a riposo per 12-24 ore durante le quali vengono costantemente monitorate le sue condizioni di salute.
Nei mesi successivi sono previsti nuovi controlli per escludere la probabilità di restenosi, ovvero che il vaso sanguigno sia tornato a restringersi.

 

Norme di preparazione

Prima della procedura, il paziente è sottoposto a una vista accurata che comprende la raccolta di tutti i dati concernenti la sua salute e a quella dei familiari più stretti.
Si eseguono gli esami per valutare lo stato delle arterie: ecodoppler carotideo, ed Angio-Tc dei vasi del collo. Prima dell’intervento sono comunicate al paziente tutte le informazioni circa ciò che può mangiare e bere e fino a quando. Se il paziente assume farmaci, lo staff sanitario indicherà quali dovrà eventualmente sospendere, soprattutto se si tratta di farmaci per la cura del diabete o antiaggreganti.

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Angioplastica e stenting degli arti inferiori https://jotodsjo.click/cure/angioplastica-e-stenting-degli-arti-inferiori/ Wed, 25 Nov 2020 10:26:23 +0000 http://humanitas.local/cure/angioplastica-e-stenting-degli-arti-inferiori/ L’angioplastica e lo stenting degli arti inferiori sono procedure di radiologia interventistica impiegate per trattare l’occlusione di un vaso sanguigno arterioso, permettendo di ripristinare un adeguato flusso di sangue. È una procedura non invasiva che è effettuata via catetere senza dover subire un intervento chirurgico.   Che cos’è l’Angioplastica e lo stenting degli arti inferiori? […]

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L’angioplastica e lo stenting degli arti inferiori sono procedure di radiologia interventistica impiegate per trattare l’occlusione di un vaso sanguigno arterioso, permettendo di ripristinare un adeguato flusso di sangue. È una procedura non invasiva che è effettuata via catetere senza dover subire un intervento chirurgico.

 

Che cos’è l’Angioplastica e lo stenting degli arti inferiori?

L’angioplastica e lo stenting degli arti inferiori sono procedure di radiologia interventistica impiegate per trattare l’occlusione di un vaso sanguigno arterioso. La ricostruzione del vaso sanguigno danneggiato può essere effettuata mediante il gonfiaggio di un palloncino al fine di ripristinare il lume del vaso e consentirne un’adeguata rivascolarizzazione (angioplastica). La ricostruzione può essere completata con l’inserimento di uno stent, cioè una protesi metallica cilindrica introdotta nel segmento stenotico del vaso sanguigno ristretto, al fine di mantenere aperto il lume del vaso trattato. È un intervento non invasivo effettuato tramite cateteri introdotti su monitoraggio radiologico, senza dover eseguire un intervento chirurgico classico “a cielo aperto”, ma tramite una puntura percutanea.

 

Come si svolge l’Angioplastica e lo stenting degli arti inferiori?

L’intervento si svolge in condizioni di sterilità in sala angiografica. La sede di puntura è generalmente l’inguine destro, ove si esegue un’anestesia locale. Un catetere è avanzato sotto monitoraggio radiologico fino al vaso sanguigno interessato dal restringimento o dall’occlusione. In questa sede si inietta il mezzo di contrasto che consente di visualizzare la distribuzione dei vasi sanguigni e la presenza di eventuali lesioni (restringimenti e occlusioni compresi). La ricostruzione del vaso sanguigno danneggiato potrà essere effettuata mediante l’inserimento di un catetere dotato di palloncino gonfiabile che verrà sospinto fino al punto di restringimento e gonfiato con lo scopo di dilatare il lume del vaso ristretto (potrebbe essere necessario gonfiare il palloncino più di una volta) e consentirne un’adeguata rivascolarizzazione. In alternativa, è possibile agire mediante l’inserimento, sempre tramite catetere, di uno stent, ovvero una protesi metallica introdotta nel segmento stenotico del vaso sanguigno al fine di ripristinarne il calibro e consentirne un’adeguata rivascolarizzazione. La procedura dura circa un’ora e mezza ed è necessario il consenso scritto del paziente.

 

Quali sono i vantaggi dell’Angioplastica e lo stenting degli arti inferiori?

Questo tipo di procedura consente di ripristinare il normale calibro del vaso malato (ristretto o occluso) per consentire al flusso di sangue di tornare a una condizione il più possibile vicino alla normalità. Tra i rischi che si possono correre sottoponendosi a questa procedura vi sono:
– sanguinamenti o ematomi che possono verificarsi attorno all’area dell’incisione mediante cui il catetere è stato inserito;
– molto raramente un coagulo di sangue potrebbe bloccare l’apporto sanguigno al distretto vascolare trattato o la parete dell’arteria potrebbe risultare indebolita (in molti casi questo problema può essere trattato dal medico radiologo nella medesima seduta di angioplastica, ma a volte però può rendersi necessario un intervento chirurgico);
– in rarissimi casi può presentarsi una reazione al mezzo di contrasto. Fra le possibili complicanze gravi sono incluse l’occlusione improvvisa dell’arteria e la formazione di una nuova stenosi.

 

l’Angioplastica e lo stenting degli arti inferiori è pericolosa o dolorosa?

Questa procedura è mininvasiva e piuttosto sicura. Il paziente può avvertire un piccolo fastidio al momento dell’iniezione dell’anestetico locale nella cute a livello dell’inguine. L’introduzione del catetere nell’arteria non provoca alcuna sensazione di dolore. Può essere avvertita una leggera pressione o un minimo fastidio quando il palloncino è gonfiato all’interno del vaso sanguigno ristretto o occluso.

 

Quali pazienti possono effettuare l’Angioplastica e lo stenting degli arti inferiori?

L’idoneità al trattamento viene discussa con il paziente in sede di visita specialistica di radiologia interventistica dopo aver eseguito esami diagnostici specifici, quali l’eco-color-doppler e l’Angio-TC degli arti inferiori. Il medico potrebbe anche non ritenere opportuno eseguire l’intervento su pazienti che soffrono di disturbi della coagulazione, in presenza di ipercoagulabilità, di malattie ai vasi sanguigni o di occlusione totale.

 

Follow-up

Dopo essere stato sottoposto a un trattamento di angioplastica e stenting degli arti inferiori, è bene che il paziente rimanga a letto per un periodo compreso tra le 12 e le 24 ore. Solitamente la dimissione avviene non prima del giorno successivo all’intervento.
Spesso, alla dimissione viene prescritto un trattamento a base di aspirina per evitare il rischio di trombosi. È bene che i fumatori smettano di fumare e che le persone in sovrappeso migliorino l’alimentazione riducendo l’introito di colesterolo e grassi saturi. Dopo un intervento di angioplastica e stenting è bene, infine, aumentare la quantità di esercizio fisico praticato e svolgerlo regolarmente.

 

Sono previste norme di preparazione?

Solitamente il ricovero avviene il giorno precedente la procedura. Una volta ricoverato, il paziente dovrà assumere farmaci antiaggreganti per prepararsi alla procedura. Se si è in cura con altri farmaci, sarà bene discutere con il medico l’eventuale proseguo delle terapie in atto.

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